Móricz Zsigmond: Sette baiocchi
(Hét krajcár - 1908)
Hanno fatto bene gli dei in modo che anche i poveri possano ridere. Non si sente solo il pianto nelle baracche ma anche risate che vengono dal cuore. Anzi, si può dire che i poveri ridano anche quando avrebbero motivo da piangere.
Conosco bene quel mondo. La generazione dei Soos, a cui appartiene mio padre, ha provato anche la miseria più buia. Mio padre in quel periodo lavorava in un'officina assunto a giornate. Non si vanta di quel periodo, non lo fanno nemmeno gli altri, ma era così. Ma è anche vero che non riderò mai tanto in vita mia quanto ho riso durante quei pochi anni della mia infanzia.
Come potrei ridere, quando non c'è più mia madre dalle guance rosse, sempre allegra, che sapeva ridere, che le venivano le lacrime e poi le veniva la tosse che a momenti la strozzava.
Nemmeno lei rideva mai così come quel pomeriggio che abbiamo passato noi due a cercare sette soldini. Li abbiamo cercati e li abbiamo trovati. Tre nel cassetto della macchina da cucire, uno nella vetrina, gli altri erano più difficili a trovare.
I primi tre soldini furono trovati da mia madre. Pensava di trovarne di più nel cassetto della macchina da cucire, perché cuciva a pagamento e metteva sempre là l'incasso. Per me quel cassetto sembrava una miniera: bastava metterci la mano e era subito festa.
Perciò mi sono meravigliato che mia madre ci stesse cercando tra gli aghi, ditali, forbici, bottoni, nastri; poi d'improvviso mi disse meravigliata:
- Si sono nascosti.
- Chi?
- I soldini – disse ridendo.
Tirò fuori il cassetto.
- Vieni, cerchiamoli lo stesso, questi soldini furbacchioni.
Si accovacciò e pose per terra il cassetto con molta attenzione, come se avesse paura che volassero via; girò velocemente il cassetto come quando uno prende una farfalla con un cappello.
Non si poteva resistere alla risata.
- Stanno qua sotto - ridacchiava, ma non si sbrigò ad alzare il cassetto – se ce n'è anche uno solo, dev'essere qui.
Mi accovacciai anch'io e fissavo se spuntava un soldino lucente. Non si muoveva niente là. Non ci credevamo nemmeno noi di trovare qualcosa.
Ci guardavamo e ridevamo sullo scherzo infantile. Allungai la mano verso il cassetto rovesciato.
- Attento! - avvertì mia madre. - Piano, altrimenti scappano. Tu lo sai quanto sono veloci i soldini! Corrono come una lepre, rotolano via veloci, ma quanto veloci...
Ridevamo a crepapelle. Lo sapevamo bene come correvano facilmente i soldini.
Quando ripresi il fiato, provai di nuovo a rovesciare il cassetto. - Alt! - esclamò mia madre; spaventandomi, ritirai il dito come se avessi toccato il fuoco.
- Fermo, piccolo spendaccione! Quanta fretta a spendere! Finché stanno qui sotto, sono nostri. Possono restarci ancora un po'. Vedi, voglio lavare, ma ci vuole il sapone e quello costa almeno sette soldini; non te lo danno per meno. Io ne ho tre, ce ne vogliono altri quattro, stanno qui dentro questa casetta, ma a loro non piace di essere disturbati. Possono arrabbiarsi e se ne vanno così che non li vediamo più. Stai attento, che i soldi sono roba delicata, bisogna trattarli bene, con rispetto, altrimenti si offendono come le contessine... Senti, non sai qualche filastrocca che potrebbe farli uscire da questo guscio di chiocciola?
Quante risate abbiamo fatto durante questi discorsi! Ma la filastrocca era proprio strana: - Venite fuori soldini, vi brucia la casa...
E girai il cassetto. C'era tutto là, tranne i soldi.
Mia madre rovistava con una smorfia delusa, ma niente.
- Che peccato che non abbiamo una tavola. Se l'avessimo rovesciato là, sarebbe stato più decoroso, e ci sarebbe stato qualche soldo. Racimolai le cianfrusaglie e le misi nel cassetto. Mia madre intanto stava pensando. Cercava di ricordarsi di qualche altro posto dove avesse messo dei soldi, ma non ci riuscì.
Mi venne un'idea.
- Mamma, io so di un posto, dove c'è un soldino.
- Dimmi, prendiamolo presto, prima che si sciogli come la neve.
- Nel cassetto dell'armadio della cristalliera.
- Meno male, che non l'hai detto prima, altrimenti non ci sarebbe più nemmeno là.
Ci alzammo e andammo all'armadio, che non aveva più i vetri, ma nel suo cassetto c'era un soldino, come mi ricordavo. Da tre giorni mi preparavo a prenderlo, ma non ne avevo il coraggio. Avrei comprato delle caramelle.
- Ecco quattro soldini. Non preoccuparti, figlio mio, la parte più grande l'abbiamo già. Ne mancano solo tre. Se abbiamo trovato questo in un ora, troveremo gli altri tre entro il pomeriggio. E allora posso lavare fino a sera. Su, magari ne troviamo uno in ogni cassetto.
Magari ce ne fosse stato uno in ogni cassetto! Sarebbe stato pure troppo. L'armadio nei vecchi tempi probabilmente serviva in una casa come nascondiglio per tanta roba. Ma da noi non aveva molto da nascondere.
Mia madre fece una predica ad ogni cassetto.
- Questo è stato ricco... una volta. Questo non aveva mai niente. Questo viveva sempre di credito. E tu, mendicante, non hai nemmeno tu un soldino. Non l'avrà mai, perché custodisce la nostra miseria. Tu non l'avrai mai; è meglio così, visto che non me lo dai ora che te lo chiedo! Questo poi è il più ricco! - e trasse fuori il cassetto più in basso che non aveva nemmeno il fondo. Me lo mise attorno al collo e ci sedemmo per terra, ridendo.
- Aspetta un po' – disse d'improvviso, - avremo subito i soldi, ci saranno nel vestito di tuo padre. Nel muro c'erano dei chiodi che servivano come attaccapanni. Infatti, subito nella prima tasca trovò un soldino. Non voleva credere ai suoi occhi.
- Eccolo – esclamò – eccolo qua! Quanti ne abbiamo? Non riusciamo nemmeno a contarli- Uno, due, tre, quattro, cinque... cinque! Ora ne mancano solo due. Che sono due soldini? Dove ce ne sono cinque, se ne troveranno altri due!
Eccitata, cercò nelle altre tasche, ma invano. Non ci trovò nulla. Nessuno scherzo ha mai prodotto due soldini.
Aveva le guance rosse fiammanti dall'eccitazione e dalla fatica della ricerca.
Non poteva lavorare perché si ammalava subito. Certo, questo era un lavoro speciale, non si può impedire a nessuno di cercare i soldi.
Arrivò l'ora della merenda, poi il tardo pomeriggio. La sera era vicina e a mio padre serviva la camicia il giorno dopo, ma non si poteva lavare. Con l'acqua sola non viene via lo sporco unto dell'officina.
Mia madre si batté sulla fronte:
- Ma che somara che sono! Non ho guardato nella mia tasca. Ma ora ci provo.
Ed eccolo, trovò un altro soldino. Il sesto.
Ci esaltammo: ora ne mancava solo uno.
- Fa' vedere la tua tasca! Magari anche là c'è.
Nelle mie tasche non c'era un bel niente, lo sapevo già.
Venne il crepuscolo e noi avevamo i nostri sei soldini, ma come se non ne avessimo nessuno. L'ebreo non fa più credito, i vicini sono poveri quanto noi, e poi, come chiedere un solo soldino?
Non c'era altro da fare, che ridere sulla nostra miseria.
A questo punto arrivò un mendicante. Recitava una lamentela chiedendo elemosina.
Mia madre rideva a crepapelle e gli disse:
- Lasci stare, sto qua senza far niente, perché mi manca un soldino per comprare un pezzo di sapone per lavare.
Il mendicante, un pio vecchio, sgranò gli occhi:
- Un solo soldino?
- Beh.
- Glielo do io.
- Figuriamoci, elemosina dal mendicante!
- Non ti preoccupare figliola, non mi mancherà. Mi manca solo un po' di terra sopra... Con quello si risolve tutto.
Mi mise il soldino in mano e poi se ne andò zoppicando, ma felice.
- Grazie al cielo.- disse mia madre, - ora corri...
Si fermò d'improvviso, poi scoppiò a ridere.
- Ora che abbiamo insieme i soldi, non posso più lavare. Fa buio e non ho l'olio per la lampada.
Le venne la tosse per la risata, una tosse amara e assassina, che la stava strozzando. Si copriva il viso con le mani, torcendosi e mentre cercai di sostenerla, qualcosa di caldo mi bagnò le mani. Era sangue, il suo caro sangue. Sangue di mia madre che sapeva ridere come pochi poveri sanno.
Hanno fatto bene gli dei in modo che anche i poveri possano ridere. Non si sente solo il pianto nelle baracche ma anche risate che vengono dal cuore. Anzi, si può dire che i poveri ridano anche quando avrebbero motivo da piangere.
Conosco bene quel mondo. La generazione dei Soos, a cui appartiene mio padre, ha provato anche la miseria più buia. Mio padre in quel periodo lavorava in un'officina assunto a giornate. Non si vanta di quel periodo, non lo fanno nemmeno gli altri, ma era così. Ma è anche vero che non riderò mai tanto in vita mia quanto ho riso durante quei pochi anni della mia infanzia.
Come potrei ridere, quando non c'è più mia madre dalle guance rosse, sempre allegra, che sapeva ridere, che le venivano le lacrime e poi le veniva la tosse che a momenti la strozzava.
Nemmeno lei rideva mai così come quel pomeriggio che abbiamo passato noi due a cercare sette soldini. Li abbiamo cercati e li abbiamo trovati. Tre nel cassetto della macchina da cucire, uno nella vetrina, gli altri erano più difficili a trovare.
I primi tre soldini furono trovati da mia madre. Pensava di trovarne di più nel cassetto della macchina da cucire, perché cuciva a pagamento e metteva sempre là l'incasso. Per me quel cassetto sembrava una miniera: bastava metterci la mano e era subito festa.
Perciò mi sono meravigliato che mia madre ci stesse cercando tra gli aghi, ditali, forbici, bottoni, nastri; poi d'improvviso mi disse meravigliata:
- Si sono nascosti.
- Chi?
- I soldini – disse ridendo.
Tirò fuori il cassetto.
- Vieni, cerchiamoli lo stesso, questi soldini furbacchioni.
Si accovacciò e pose per terra il cassetto con molta attenzione, come se avesse paura che volassero via; girò velocemente il cassetto come quando uno prende una farfalla con un cappello.
Non si poteva resistere alla risata.
- Stanno qua sotto - ridacchiava, ma non si sbrigò ad alzare il cassetto – se ce n'è anche uno solo, dev'essere qui.
Mi accovacciai anch'io e fissavo se spuntava un soldino lucente. Non si muoveva niente là. Non ci credevamo nemmeno noi di trovare qualcosa.
Ci guardavamo e ridevamo sullo scherzo infantile. Allungai la mano verso il cassetto rovesciato.
- Attento! - avvertì mia madre. - Piano, altrimenti scappano. Tu lo sai quanto sono veloci i soldini! Corrono come una lepre, rotolano via veloci, ma quanto veloci...
Ridevamo a crepapelle. Lo sapevamo bene come correvano facilmente i soldini.
Quando ripresi il fiato, provai di nuovo a rovesciare il cassetto. - Alt! - esclamò mia madre; spaventandomi, ritirai il dito come se avessi toccato il fuoco.
- Fermo, piccolo spendaccione! Quanta fretta a spendere! Finché stanno qui sotto, sono nostri. Possono restarci ancora un po'. Vedi, voglio lavare, ma ci vuole il sapone e quello costa almeno sette soldini; non te lo danno per meno. Io ne ho tre, ce ne vogliono altri quattro, stanno qui dentro questa casetta, ma a loro non piace di essere disturbati. Possono arrabbiarsi e se ne vanno così che non li vediamo più. Stai attento, che i soldi sono roba delicata, bisogna trattarli bene, con rispetto, altrimenti si offendono come le contessine... Senti, non sai qualche filastrocca che potrebbe farli uscire da questo guscio di chiocciola?
Quante risate abbiamo fatto durante questi discorsi! Ma la filastrocca era proprio strana: - Venite fuori soldini, vi brucia la casa...
E girai il cassetto. C'era tutto là, tranne i soldi.
Mia madre rovistava con una smorfia delusa, ma niente.
- Che peccato che non abbiamo una tavola. Se l'avessimo rovesciato là, sarebbe stato più decoroso, e ci sarebbe stato qualche soldo. Racimolai le cianfrusaglie e le misi nel cassetto. Mia madre intanto stava pensando. Cercava di ricordarsi di qualche altro posto dove avesse messo dei soldi, ma non ci riuscì.
Mi venne un'idea.
- Mamma, io so di un posto, dove c'è un soldino.
- Dimmi, prendiamolo presto, prima che si sciogli come la neve.
- Nel cassetto dell'armadio della cristalliera.
- Meno male, che non l'hai detto prima, altrimenti non ci sarebbe più nemmeno là.
Ci alzammo e andammo all'armadio, che non aveva più i vetri, ma nel suo cassetto c'era un soldino, come mi ricordavo. Da tre giorni mi preparavo a prenderlo, ma non ne avevo il coraggio. Avrei comprato delle caramelle.
- Ecco quattro soldini. Non preoccuparti, figlio mio, la parte più grande l'abbiamo già. Ne mancano solo tre. Se abbiamo trovato questo in un ora, troveremo gli altri tre entro il pomeriggio. E allora posso lavare fino a sera. Su, magari ne troviamo uno in ogni cassetto.
Magari ce ne fosse stato uno in ogni cassetto! Sarebbe stato pure troppo. L'armadio nei vecchi tempi probabilmente serviva in una casa come nascondiglio per tanta roba. Ma da noi non aveva molto da nascondere.
Mia madre fece una predica ad ogni cassetto.
- Questo è stato ricco... una volta. Questo non aveva mai niente. Questo viveva sempre di credito. E tu, mendicante, non hai nemmeno tu un soldino. Non l'avrà mai, perché custodisce la nostra miseria. Tu non l'avrai mai; è meglio così, visto che non me lo dai ora che te lo chiedo! Questo poi è il più ricco! - e trasse fuori il cassetto più in basso che non aveva nemmeno il fondo. Me lo mise attorno al collo e ci sedemmo per terra, ridendo.
- Aspetta un po' – disse d'improvviso, - avremo subito i soldi, ci saranno nel vestito di tuo padre. Nel muro c'erano dei chiodi che servivano come attaccapanni. Infatti, subito nella prima tasca trovò un soldino. Non voleva credere ai suoi occhi.
- Eccolo – esclamò – eccolo qua! Quanti ne abbiamo? Non riusciamo nemmeno a contarli- Uno, due, tre, quattro, cinque... cinque! Ora ne mancano solo due. Che sono due soldini? Dove ce ne sono cinque, se ne troveranno altri due!
Eccitata, cercò nelle altre tasche, ma invano. Non ci trovò nulla. Nessuno scherzo ha mai prodotto due soldini.
Aveva le guance rosse fiammanti dall'eccitazione e dalla fatica della ricerca.
Non poteva lavorare perché si ammalava subito. Certo, questo era un lavoro speciale, non si può impedire a nessuno di cercare i soldi.
Arrivò l'ora della merenda, poi il tardo pomeriggio. La sera era vicina e a mio padre serviva la camicia il giorno dopo, ma non si poteva lavare. Con l'acqua sola non viene via lo sporco unto dell'officina.
Mia madre si batté sulla fronte:
- Ma che somara che sono! Non ho guardato nella mia tasca. Ma ora ci provo.
Ed eccolo, trovò un altro soldino. Il sesto.
Ci esaltammo: ora ne mancava solo uno.
- Fa' vedere la tua tasca! Magari anche là c'è.
Nelle mie tasche non c'era un bel niente, lo sapevo già.
Venne il crepuscolo e noi avevamo i nostri sei soldini, ma come se non ne avessimo nessuno. L'ebreo non fa più credito, i vicini sono poveri quanto noi, e poi, come chiedere un solo soldino?
Non c'era altro da fare, che ridere sulla nostra miseria.
A questo punto arrivò un mendicante. Recitava una lamentela chiedendo elemosina.
Mia madre rideva a crepapelle e gli disse:
- Lasci stare, sto qua senza far niente, perché mi manca un soldino per comprare un pezzo di sapone per lavare.
Il mendicante, un pio vecchio, sgranò gli occhi:
- Un solo soldino?
- Beh.
- Glielo do io.
- Figuriamoci, elemosina dal mendicante!
- Non ti preoccupare figliola, non mi mancherà. Mi manca solo un po' di terra sopra... Con quello si risolve tutto.
Mi mise il soldino in mano e poi se ne andò zoppicando, ma felice.
- Grazie al cielo.- disse mia madre, - ora corri...
Si fermò d'improvviso, poi scoppiò a ridere.
- Ora che abbiamo insieme i soldi, non posso più lavare. Fa buio e non ho l'olio per la lampada.
Le venne la tosse per la risata, una tosse amara e assassina, che la stava strozzando. Si copriva il viso con le mani, torcendosi e mentre cercai di sostenerla, qualcosa di caldo mi bagnò le mani. Era sangue, il suo caro sangue. Sangue di mia madre che sapeva ridere come pochi poveri sanno.